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      - No, ma ho studiata con molto amore quell'isola, ho pensato tante volte di passarvi una parte della mia vita, che mi par di conoscerla, mi sembra di averla già più volte veduta.
      - Oh, davvero, davvero!! Ditemene qualche cosa! E, ringraziando e salutando con un cenno brusco ma cortese il marinaio che lo aveva fatto felice, William si mise a passeggiare al mio fianco dalla poppa al camino dello steamer.
      William era mio. Come avviene cento volte nella vita, il caso di essermi alzato un'ora prima del solito, l'accidente di essermi trovato accanto al timone in un dato momento, avevano per sempre legato a me un uomo che avevo ormai disperato di poter conoscere.
      Dissi a William che avevo studiato profondamente il clima di Madera, poiché da un pezzo era perseguitato dall'idea di essere tubercoloso e mi figurava sempre di serbarmi quel paradiso come l'ultima àncora di salvezza, o come una bara fiorita per riposarvi le mie ossa.
      Quando il mio nuovo amico seppe che io ero medico e che avevo studiato il clima di Madera, la sua espansione non ebbe più limite e se io non avessi letto a chiare note sul suo volto che egli non aveva bisogno di mutar clima per guarire i suoi polmoni, avrei potuto figurarmi che si recasse a Madera per curarvi la propria salute.
      Quel giorno, l'ora della colazione ci trovò ancora occupati a parlar di Madera; ed io vuotai il sacco della mia erudizione su quell'isola, felicissimo di averla studiata.
      In due giorni William divenne mio amico, ma io non gli diressi mai la più piccola domanda, né osai chiedergli lo scopo del suo viaggio.


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Un giorno a Madera
di Paolo Mantegazza
Casa Editrice Bietti Milano
1925 pagine 147

   





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