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      Ed io ho gettato il bastone da pellegrino con cui andava alla mia Mecca, e ho gridato come un viaggiatore che, ritornando in Europa con la fortuna laboriosamente raccolta in molti anni di lavori e di stenti, si trova assalito dai ladri. Sì, miss Emma, io sono stato brutale. Io mi son presentato a vostra zia e vi ho chiesta in isposa, vi ho chiesta, come foste una donna qualunque; come se anch'io, venuto all'età di raccoglier le vele, avessi deciso di prender moglie. Vi ho chiesto la vostra mano, per l'eternità, prima di sapere se a bordo del Thyne essa avesse stretto la mia per distrazione o per amore. Ho battuto alla porta del paradiso, e col denaro in mano ho picchiato, perché il portiere mi aprisse, perché mi desse il mio biglietto d'entrata. Giammai potrò perdonarmi questa brutalità, questo atto d'uomo disperato.
      E sapete voi che cosa mi rispose vostra zia? Ella, seria in volto, si turbò assai, ebbe una gran difficoltà a poter pigliar fiato e potermi rispondere; ma timidamente non seppe dirmi altro se non queste parole:
      - Domandatene a miss Emma. Ella ha il giudizio di una vecchia; elle è il solo giudice di codeste questioni; i suoi desideri sono i miei.
      E parlando e salutandomi, parve mi guardasse con compassione, con tenerissima compassione.
      Ed io son qui ai vostri piedi, come un condannato che dopo un lungo carcere ingiustamente patito, coll'animo rotto e colle vertigini dello scoraggiamento, aspetta una parola che lo ritorni ad esser uomo.
      Ed io son qui, miss Emma, avvilito di aver chiesto la vostra mano ad una zia, di aver scritto cose che gli occhi nostri soltanto avrebbero dovuto dire, di avere fatto una domanda brutale, sconveniente, indegna di voi e di me.


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Un giorno a Madera
di Paolo Mantegazza
Casa Editrice Bietti Milano
1925 pagine 147

   





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