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      Spegnete il Vesuvio, William, e ridiventate inglese.
      Io non soffro meno di voi, ma so tenermi calma, ma so asciugare le lagrime, perché non cadano su questo foglio e vi lascino un fuoco che vi consumi, mio buon amico. Io son tutta inglese, sapete, e poi e poi, mio William, io ho sofferto sempre, io sono maestra del dolore, e voi vi ribellate contro la sventura, perché questo è il primo dolore che voi soffrite. È grande, è infinito, mio William; io lo so, mio William, quanto sia infinito; ma prima d'ora io ho pianto e mille volte e per anni e anni ho sofferto, sicché la mia vita mi par già assai lunga.
      Ma questo dolore è il primo, è il più grande dei miei dolori; mi schiaccia, mi toglie tutte le mie forze, mi uccide. Non vi basta, mio William, ch'io vi dica questo? Non vi basta ancora? Volete sapere altro?
      Io sola non mi son sentita il coraggio di combattere; e in quei tre giorni di silenzio nei quali la fantasia vostra mi figurava tutta intenta a tormentarvi, cercavo, imploravo ad altissima voce degli alleati. La mia buona zia piangeva con me, ma aveva ella pure bisogno di quella forza, che io le chiedeva.
      Dopo due giorni di pianto, mio William, ho raccolto tanta forza che bastasse per recarmi dal vecchio medico di mio padre; colui ch'egli mi consigliò di consultare nei più gravi momenti della vita. Ebbene, quel buon vecchio, dopo aver passato con me un'intera giornata, mi ha imposto di partire dall'Inghilterra.
      E quando voi leggerete questa mia lettera, io sarò già sul continente.


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Un giorno a Madera
di Paolo Mantegazza
Casa Editrice Bietti Milano
1925 pagine 147

   





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