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      Due volte credetti che la lancetta dell'orologio non camminasse e l'avvicinai al mio orecchio; poi, impaziente, chiusi gli occhi, tormentai colle mani le pianticelle di menta sulle quali mi ero seduto e che profumavano l'aria all'intorno. Oh! mia Emma, se un uomo senza amore guardasse un innamorato, come dovrebbe trovarlo ridicolo!
      Il mio pescatore ritornava pochi minuti dopo, saltellando di sasso in sasso, ma aveva ancora la mia lettera fra le mani. Chiusi gli occhi di nuovo, come fanno i bambini, quando credono che così facendo non saranno veduti. Seppi dal mio messaggero che la porta era ancor chiusa, né vi era un campanello o altro per risvegliare i dormienti. Il mio vispo messaggero non si era però dato vinto dinanzi alla porta chiusa, e si era arrampicato sull'inferriata del pianterreno, ma tutto era chiuso e fin nella cucina, mi diceva egli, non si vedeva neppure il gatto.
      Era venuto di corsa a domandarmi, se potrebbe picchiare alla porta con una pietra per svegliare quei signorini, che dormono alla pisana... diceva ridendo e facendo smorfie vivacissime con quel suo volto bruno, intelligente, sporco. Gli dissi di no, lo ringraziai, e riportando la mia lettera, son qui di nuovo a scrivervi. Oh! l'amore trasforma davvero l'uomo in un ragazzo: ma il fanciullo è anche la creatura più calda, più innocente, più irrequieta del mondo.
      E sono qui col capo che mi vuol scoppiare, ma colla calma necessaria per farvi le mie scuse, per giustificarmi, per difendermi, sicché mi abbiate a perdonare il mio peccato.


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Un giorno a Madera
di Paolo Mantegazza
Casa Editrice Bietti Milano
1925 pagine 147

   





Emma