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      A noi due, poveri naufraghi nel mar della vita, il dottor Thom ha gettato la corda della speranza, e vi stiamo avvinti colla feroce tenacità del moribondo, che vede la spiaggia ridente a poche braccia di distanza, eppure non la tocca ancora. Emma, mia Emma, il mio amore per te è grande come il mondo; in esso vedo un'immagine dell'infinito; ma io non vorrei esser tuo col sacrificio del tuo dovere, colla violazione d'un giuramento.
      Se io avessi amato un'altra donna, il mio egoismo avrebbe infranto ogni cosa, avrebbe violate le porte del santuario, ma dinanzi a te, Emma, io chino il capo e attendo. Tu mi hai portato in una sfera troppo elevata, perché io possa separare l'amore dal dovere; e se tu dovessi, dandomi il tuo amore, togliermi la tua stima, io ti direi: Emma, senza il tuo amore io morirò, ma voglio morire colla tua stima. Quando il mio sguardo ti cerca cogli occhi della mente e mi appari dinanzi serena e bella come un cielo stellato, io senza volerlo mi figuro sempre prostrato ai tuoi piedi, perché mi stai tanto lontano e tanto in alto. Se gli angeli vi sono e se gli angeli si amano, devono amarsi com'io ti amo, mia Emma.
      Tu puoi star sicura che consultando i primi medici dell'Inghilterra, e fin d'ora dichiarandoti disposta a piegare il capo alla loro sentenza, tu interpreti il pensiero di tuo padre. Egli di certo non poteva volerti infelice, no: soltanto voleva che tu non avessi a fare altri infelici. Dinanzi alla parola del dottor Thom la coscienza più timorata può tenersi calma e sicura.


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Un giorno a Madera
di Paolo Mantegazza
Casa Editrice Bietti Milano
1925 pagine 147

   





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