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      Il tempo è più facile a misurarsi che la scienza; gli anni si contano più facilmente dei criteri logici. Vedete un poco: pochi anni sono si rideva del pregiudizio volgare che la tisi fosse contagiosa; ed ora si ritorna a dar ragione agli antichi. È il giro della moda, è la parabola della verità. Plinio il giovane lo aveva detto, molti secoli or sono, che era questa una malattia contagiosa. -
     
      Ti giuro, mio William, che io non ho maledetto mai la mia memoria (che tu chiami prodigiosa) come in quel giorno, in cui, seduta in faccia a quella macchina parlante che si chiama il dottor T. io ero condannata dalla mia natura a ritenere tutte quelle litanie di erudizione senza poter dimenticare un nome, una cifra, una parola sola. A che serve l'imparar tante cose, quando dopo tanta tortura del cervello non si raccoglie una sola verità utile all'uomo? A che serve una scienza sterile e gelata che non ci dà un conforto, una speranza, che finisce col dire: «Non sappiamo nulla; nulla v'ha di certo?»
      Perdonami, mio buon William, se oso giudicare la scienza col cuore di una donna; ma io ho sempre creduto false le vie che non conducono alla felicità; ci si vada diritti o per labirinti. L'uomo vuole la speranza e la gioia; ma tutto ciò che non dà piacere è opera vana. Anche le più sante religioni hanno sempre promesso all'uomo un'eternità di gaudii in cambio del sacrifizio e in premio della virtù: anche nel codice della morale, anche nel codice della pubblica opinione che è di tutti il più potente, la virtù, la gloria sono forme sublimi di felicità e l'uomo più perfetto è quegli che facendo felice un numero infinito di uomini, fa felice sé stesso.


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Un giorno a Madera
di Paolo Mantegazza
Casa Editrice Bietti Milano
1925 pagine 147

   





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