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      Ma dimmi, mia cara, quand'io ti stringo le mani e ti guardo profondamente, ardentemente, chi di noi è il ladro dell'anima, ch'io non mi sento più la mia, e parmi sentir trepidare il tuo cuore nel mio petto? E quando parliamo a lungo, chi di noi interroga, e chi risponde?
      E quando guardiamo insieme le stelle, e là nel cielo infinito si smarrisce il nostro pensiero, chi di noi due dà la mano all'altro per scendere in terra, e chi è che dà, e chi è che riceve in quell'estasi senza nome?
      E quando ci separiamo, e il dolore dell'ultimo saluto ci ravvicina cento volte e cento volte ci rinnovella il saluto, chi è che si distacca dall'altro? chi è che lascia maggior parte di sé stesso nel cuore dell'altro?
      E quando ci inebriamo della santa gioia di vederci, d'intenderci, di sentirci portati in una sfera elevatissima, di sentirci nell'adempimento dei nostri doveri degno l'uno dell'altro, chi di noi dà, chi di noi riceve quell'ebbrezza divina?
      I fisiologi hanno osservato più volte che due sposi che si amano, dopo aver vissuto lunghi anni insieme, vengono a somigliarsi sicché talvolta sembrano più fratelli che consorti. Non avviene lo stesso anche di noi due? Non siamo noi due foglie gemelle pendenti da un solo picciuolo, non siamo noi due petali d'una stessa corolla?
      C'è dunque il furto, ma il ladro non si trova. Emma non ha pensieri suoi; perché William pensa le idee di Emma; non esiste in noi due che una gioia sola, che un sol dolore; un'idea sola, un'anima sola.
      Ecco la soluzione del tuo problema.


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Un giorno a Madera
di Paolo Mantegazza
Casa Editrice Bietti Milano
1925 pagine 147

   





William Emma