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      Vi è il cattolicismo del papa, che mette sotto il chiavistello del Sillabo ogni lontana aspirazione di libertà, che fa, a lui italiano, armare i soldati per contrastare all'Italia la sua Roma. Vi è quello finalmente di Manzoni che, carco d'anni, si recò al Senato per proclamare l'Italia unita. Il cattolicismo di Manzoni non ebbe mai nè furori, nè vendette, nè esagerazioni: fu un cattolicismo umano che predicò la carità, l'indulgenza, la fratellanza e la libertà. Che vuolsi di più? Se togliamo la rivelazione, che è l'atto di abdicazione della ragione, non v'è principio enunciato da Manzoni che non possa essere accettato da qualunque libero pensatore. Ben disse il De-Sanctis, che non sarà certo accusato di clericalismo: «Il sentimento religioso non operò in lui come reazione o negazione, cacciando violentemente dal suo seno le convinzioni e i sentimenti antichi; anzi consacrò quelle convinzioni e quei sentimenti ponendoli sotto alla protezione del cielo.» Noi aggiungeremo qualche cosa di più: il cattolicismo di Manzoni, formatosi in Francia, avea una tinta di quel sentimentalismo di cui vediamo tracce in tutti i più noti credenti d'allora, e si spiegò più tardi con Châteaubriand; avea, per carattere principale una sovrabbondanza d'amore pietoso verso il creato e fino a un dato punto conciliava le esigenze rituali della religione coi bisogni della società odierna; ma se i poeti potevano adagiarsi in quel sentimentalismo, i pensatori tornavano al dubbio religioso, come avvenne col Lamennais.


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Del trionfo della libertà
di Alessandro Manzoni
Editore Sonzogno Milano
1882 pagine 91

   





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