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      Inoltre il classicismo, colle sue divinità mitologiche si prestava mirabilmente a empiere le carte di parole che non significavano niente nella loro ampollosità; e la mitologia era l'abito di gala che si adoperava dai poeti per tutti gl'illustrissimi che s'addottoravano, che andavano a nozze o a battesimo, che si recavano a funerale o, quel che è lo stesso, facevano la vestizione d'una monaca.
      Quando in virtù della Repubblica Cisalpina, ai nobili si sostituì il popolo, tutta la carovana mitologica e lo sfarzo del classicismo giovava ancora a celebrare le gesta del nuovo signore, che si assomigliavano, sciaguratamente, a quelle dei detronizzati patrizi, perchè non si erano rese in modo alcuno degne di canto. Infatti la libertà, parola di cui si faceva tanto spreco, il popolo l'aveva ricevuta dai soldati di Francia, senza averci nè merito nè demerito. Mancando il filo alla conocchia dei poeti questi, che pareva non sapessero che adulare, presero per buone le ragnatele mitologiche; salvo quando capitava a Monti di lodare Bonaparte, perchè allora si spingeva fino a declamare che il primo Console, non potendo trovare alcun rivale in terra, faceva geloso lo stesso Giove in cielo.
      III. Manzoni, che era stato istruito dai frati nel più puro classicismo, che, uscito di collegio, aveva avuto per maestro e, in quanto alla diversa età lo comportava, per amico Vincenzo Monti, l'ultimo sacerdote della mitologia, come avrebbe potuto sottrarsi alla legge che il gusto universale dettava? Il suo primo lavoro è pertanto classico di forma, ma di quel classico già incerto che aveva dettato a Monti la Basvilliana, di quel classico che sente come l'arte debba essere sopratutto l'espressione dei tempi, e pertanto estrinseca le idee moderne rivestendole delle forme antiche.


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Del trionfo della libertà
di Alessandro Manzoni
Editore Sonzogno Milano
1882 pagine 91

   





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