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      Ma alcuni non li avevano intesi, come accadde a Monti, altri troppo bene s'accorsero della nuova potenza che si levava, e mirava nientemeno che a dar la coscienza di sè a un popolo che non sapeva quasi d'esistere. Tanto vero che presso la sospettosa polizia austriaca i romantici erano in concetto di rivoluzionari, e fra essi si scelsero le vittime del 1821.
      Ma le questioni letterarie sono sempre dagli scrittori, irritabile genus, esagerate e falsate: e fra classici e romantici si combattè quella famosa battaglia a tutti nota, che fu ben più accanita e pericolosa che non l'odierna fra idealisti e realisti, ma non meno falsamente sostenuta. Come oggi coloro che non accettano la realtà in tutte le sue forme più abbiette, sono chiamati dagli avversari idealisti, e di converso quelli che studiano la natura e la società sotto un aspetto nuovo son detti realisti, sforzandosi entrambi a trovare gli errori degli avversarii, e non a rimediare ai propri, così i classici dicevano che i romantici volevano cacciar di seggio le divinità dell'Olimpo per mettere al lor posto i lemuri, le streghe e le nebbie tenebrose soffiate dal gelato Arturo; e i romantici volgevano in beffa tutta la sdruscita coorte mitologica, con acri satire spargendo l'odio fra i cultori di quell'arte che richiede benigno cuore e anima generosa e pia, i quali avrebbero dovuto unire gli studii e gli ingegni rivolgendoli alla grandezza della patria.
      Manzoni aveva, nel cenacolo di Auteuil, imparato la tolleranza di tutte le opinioni civili e letterarie, sempre purchè fossero oneste: nello stesso tempo il mentore Fauriel(13) lo aveva iniziato nella letteratura francese e tedesca, e la conoscenza insegna l'amore.


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Del trionfo della libertà
di Alessandro Manzoni
Editore Sonzogno Milano
1882 pagine 91

   





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