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      I lazzaroni, eccitati ad arte dal cardinale nelle più basse passioni e nella cieca superstizione, ajutarono il Ruffo a penetrare nella città: e i patrioti si ritirarono nei castelli Nuovo, dell'Ove e Sant'Elmo, resistendo sempre ed aspettando soccorsi di Francia. Intanto il Ruffo lasciava che si commettessero gli atti più crudeli ed osceni nella città, nel nome di Iddio e del re; i soldati, o meglio briganti, uniti ai lazzaroni scorrazzavano per le vie a sfogare il feroce istinto in uccisioni e spogli. I capi banda avevano dato ad intendere che i repubblicani volevano strozzare centomila plebei, e questi a cercare in tutte le case le canapi e le funi, e uccidevansi proprietari dove ne trovava; e siccome si diceva che i repubblicani avessero incisa sul corpo la figura della Libertà, così spogliavano i cittadini e ne laceravano le membra, per scoprire quelle figure che non trovavano, e le vittime semivive bruciavano a lento fuoco sui roghi improvvisati. «Nulla (scrive il Colletta) restava di sicuro o di sacro. La vecchiezza, la tenera età, il debol sesso, i templi, gli altari non riparavano dalla sete del sangue e delle prede. I nemici ed i falsi amici denunziavano alla plebe le case che dicevano dei ribelli; ed ivi non altro che sforzare, immolare, uccidere: tutto a genio di fortuna. Traendo i prigioni per le vie nudi e legati li trafiggevano con le armi, li avvilivano per colpi villani e lordure sulla faccia; gente di ogni età, di ogni sesso, antichi magistrati, egregie donne già madri della patria, erano trascinati a quei supplizii.


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Del trionfo della libertà
di Alessandro Manzoni
Editore Sonzogno Milano
1882 pagine 91

   





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