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      Ma come mai ad uomini oscuri e ignoranti poté esser concessa tanta autorità? dico oscuri al loro tempo, e ignoranti riguardo ad esso; ché la questione è necessariamente relativa; e si tratta di vedere, non già se quegli scrittori avessero i lumi che si posson desiderare in un legislatore, ma se n'avessero più o meno di coloro che prima applicavan le leggi da sé, e in gran parte se le facevan da sé. E come mai era più feroce l'uomo che lavorava teorie, e le discuteva dinanzi al pubblico, dell'uomo ch'esercitava l'arbitrio in privato, sopra chi gli resisteva?
     
      In quanto poi alle questioni accennate dal Verri, guai se la soluzione della prima, "donde emani il diritto di punire i delitti", fosse necessaria per compilar con discrezione delle leggi penali; poiché si poté bene, al tempo del Verri, crederla sciolta; ma ora (e per fortuna, giacché è men male l'agitarsi nel dubbio, che il riposar nell'errore) è più controversa che mai. E l'altre, dico in generale tutte le questioni d'un'importanza più immediata, e più pratica, erano forse sciolte e sciolte a dovere, erano almeno discusse, esaminate quando gli scrittori comparvero? Vennero essi forse a confondere un ordine stabilito di più giusti e umani principi, a balzar di posto dottrine più sapienti, a turbar, dirò così, il possesso a una giurisprudenza più ragionata e più ragionevole? A questo possiamo risponder francamente di no, anche noi; e ciò basta all'assunto. Ma vorremmo che qualcheduno di quelli che ne sanno, esaminasse se piuttosto non furon essi che, costretti, appunto perché privati e non legislatori, a render ragione delle loro decisioni, richiamaron la materia a princìpi generali, raccogliendo e ordinando quelli che sono sparsi nelle leggi romane, e cercandone altri nell'idea universale del diritto; se non furon essi che, lavorando a costruir, con rottami e con nuovi materiali, una pratica criminale intera ed una, prepararono il concetto, indicarono la possibilità, e in parte l'ordine, d'una legislazion criminale intera ed una; essi che, ideando una forma generale, aprirono ad altri scrittori, dai quali furono troppo sommariamente giudicati, la strada a ideare una generale riforma.


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Storia della colonna infame
di Alessandro Manzoni
pagine 132

   





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