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      Se quel dottore avesse parlato così, sarebbe piuttosto una singolarità che un argomento; tanto una tal dottrina è opposta a quella d'una moltitudine d'altri dottori. Non dico di tutti, per non affermar troppo più di quello che so; benché, dicendolo, non temerei d'affermar più di quello che è. Ma in realtà il Claro disse, anche lui, il contrario; e il Verri fu probabilmente indotto in errore dall'incuria d'un tipografo, il quale stampò: Nam sufficit adesse aliqua indicia contra reum ad hoc ut torqueri possit(20) , in vece di Non sufficit, come trovo in due edizioni anteriori(21) . E per accertarsi dell'errore, non è neppur necessario questo confronto, giacché il testo continua così: "se tali indizi non sono anche legittimamente provati"; frase che farebbe ai cozzi con l'antecedente, se questa avesse un senso affermativo. E soggiunge subito: "ho detto che non basta (dixi quoque non sufficere) che ci siano indizi, e che siano legittimamente provati, se non sono anche sufficienti alla tortura. Ed è una cosa che i giudici timorati di Dio devono aver sempre davanti agli occhi, per non sottoporre ingiustamente alcuno alla tortura: cosa del resto che li sottopone essi medesimi a un giudizio di revisione. E racconta l'Afflitto d'aver risposto al re Federigo, che nemmen lui, con l'autorità regia, poteva comandare a un giudice di mettere alla tortura un uomo, contro il quale non ci fossero indizi sufficienti".
     
      Così il Claro; e basterebbe questo per esser come certi, che dovette intender tutt'altro che di rendere assoluto l'arbitrio con quell'altra proposizione che il Verri traduce così: "in materia di tortura e d'indizi, non potendosi prescrivere una norma certa, tutto si rimette all'arbitrio del giudice(22) ". La contradizione sarebbe troppo strana; e lo sarebbe di più, se è possibile, con quello che l'autor medesimo dice altrove: "benché il giudice abbia l'arbitrio, deve però stare al diritto comune.


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Storia della colonna infame
di Alessandro Manzoni
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