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      Il Baruello, sentita la crudele notizia, e la proposizione, disse: "faranno poi di me come hanno fatto del Commissario?" Avendogli il prete detto che la promessa gli pareva sincera, cominciò una storia: che un tale (il quale era morto) l'aveva condotto dal barbiere; e questo, alzato un telo del parato della stanza, che nascondeva un uscio, l'aveva introdotto in una gran sala, dov'eran molte persone a sedere, tra le quali il Padilla. Al prete, che non aveva l'impegno di trovar de' rei, parvero cose strane; sicché l'interruppe, avvertendolo che badasse di non perdere il corpo e l'anima insieme; e se n'andò. Il Baruello accettò l'impunità, corresse la storia; e comparso l'undici di settembre davanti ai giudici, raccontò loro che un maestro di scherma (vivo pur troppo) gli aveva detto esserci una buona occasione di diventar ricchi, facendo un servizio al Padilla; e l'aveva poi condotto sulla piazza del castello, dov'era arrivato il Padilla medesimo con altri, e l'aveva subito invitato ad essere uno di quelli che ungevano sotto i suoi ordini, per vendicar gl'insulti fatti a don Gonzalo de Cordova, nella sua partenza da Milano; e gli aveva dato danari, e un vasetto di quell'unto micidiale. Dire che in questa storia, della quale qui accenniam soltanto il principio, ci fossero delle cose inverisimili, non sarebbe parlar propriamente; era tutto un monte di stravaganze, come il lettore ha potuto vedere da questo solo saggio. Dell'inverisimiglianze però ce ne trovarono anche i giudici e, per di più, delle contradizioni: per ciò, dopo varie interrogazioni, seguite da risposte che imbrogliavan la cosa sempre più, gli dissero, che si esplichi meglio, perché si possa cavar cosa accertata da quello che dice.


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Storia della colonna infame
di Alessandro Manzoni
pagine 132

   





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