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      Ecco però alcune delle idee che mi sembra doversi intendere in quella formola. A bene scrivere bisogna sapere scegliere quelle parole e quelle frasi, che per convenzione generale di tutti gli scrittori, e di tutti i favellatori (moralmente parlando) hanno quel tale significato: parole e frasi che o nate nel popolo, o inventate dagli scrittori, o derivate da un'altra lingua, quando che sia, comunque, sono generalmente ricevute e usate. Parole e frasi che sono passate dal discorso negli scritti senza parervi basse, dagli scritti nel discorso senza parervi affettate; e sono generalmente e indifferentemente adoperate all'uno e all'altro uso. Parole e frasi divenute per quest'uso generale ed esclusivo tanto famigliari ad ognuno, che ognuno (moralmente parlando) le riconosca appena udite; dimodoché se un parlatore o uno scrittore per caso adoperi qualcheduna che non sia di quelle, o travolga alcuna di quelle ad un senso diverso dal comune, ognuno se ne avvegga e ne resti offeso; e per provare che quella parola sia barbara, o inopportuna non debba frugare un vocabolario, né ricordarsi (memoria negativa che debb'esser molto difficile) che quella parola non è stata adoperata dai tali e dai tali scrittori, ma gli basti appellarsene alla memoria, all'uso, al sentimento degli altri ascoltatori, i quali fossero mille, converranno tosto del sì o del no.
      Parole e frasi tanto famigliari ad ognuno che il parlatore triviale e l'egregio cavino dallo stesso fondo, e dopo d'averli uditi successivamente, un uomo colto senta fra di loro differenza d'idee, di raziocinio, di forza etc. ma non di lingua.


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Fermo e Lucia
di Alessandro Manzoni
pagine 802