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      «Sappiate adunque che è nostro dovere, dovere preciso di fare ricerche, ricerche esatte per vedere se non ci sieno impedimenti».
      «Ma se ve ne fosse, perché non me li sa indicare?»
      «Ma non basta il non saperne, bisogna aver fatte quelle tali ricerche, e poi bisogna informarsi di molte altre cose, altrimenti?... il testo è chiaro: Antea quam matrimonium denunciet, cognoscet quales sint...»
      «Non voglio latino. Ma perché non le ha fatte prima queste ricerche?»
      «Ecco mi rimproverate la mia troppa bontà. Ma adesso, mi son venute... basta, so io».
      «Insomma quanto tempo ci vuole?»
      «Molto, molto».
      «Quanto?»
      «Almeno un mese».
      «Un mese?» sclamò Fermo con volto burbero e sorpreso.
      «Via in quindici giorni si procurerà...»
      «Signor Curato...»
      «Ebbene voi non volete intender ragione, vedrò se in una settimana...»
      «Or bene, aspetterò una settimana, mi esporrò alle ciarle, ed ai fastidj di questo ritardo. Ma la prevengo che questo ritardo non mi renderà di buon umore, né disposto a contentarmi di ciance. S'ella vuol farmi una ingiustizia, si ricordi che tutto quello che può accadere è sulla sua coscienza. La riverisco». E così detto se ne andò facendo un inchino frettoloso, e molto meno riverente del solito, e lasciò Don Abbondio più soprappensiero di prima.
      Il povero sposo che, entrato nella casa del Curato per parlare di nozze e di festa, non aveva sentito altro che impedimenti ed imbrogli, in mezzo alla stizza che lo rodeva, andava però riflettendo sui discorsi e sul contegno del Curato, e trovava tutto pieno di mistero.


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Fermo e Lucia
di Alessandro Manzoni
pagine 802

   





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