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      Lo spavento del giorno passato, l'agitazione della notte, e lo spavento replicato di quella mattina lo servirono a maraviglia. Si ripose sul seggiolone tremando del brivido e guardandosi le unghie e sospirando; giunse finalmente Vittoria. Risparmio al lettore i rimproveri e le scuse. Basti dire che Don Abbondio ordinò a Vittoria di chiamare due contadini suoi affidati e di tenerli come a guardia della casa, e di far sapere che il curato aveva la febbre. Dati questi ordini si pose a letto, dove noi lo lasceremo senza più occuparci di lui per un lungo tratto di tempo, nel quale egli cessa d'avere un rapporto diretto colla nostra storia. Soltanto per prestarmi alla debolezza di quei lettori che non capiscono che l'uomo timido il quale lascia di fare il suo dovere per ispavento merita meno pietà dello scellerato consumato il quale cercando il male, e facendolo spontaneamente mostra almeno di avere una gran forza d'animo, e di sentire le alte passioni, e che potrebbero essere solleciti per quel meschino, credo di doverli informare che Don Abbondio non morì di quella febbre.
      Fermo toltosi in fretta dalla vista di Don Abbondio, uscito del villaggio, si avviò a gran passi quasi senza avvedersene da quella parte che conduceva al palazzotto di Don Rodrigo, ch'egli desiderava in quel momento d'incontrare come un amico dopo una lunga assenza. I provocatori, i soperchianti, tutti quelli che in ogni modo invadono i diritti altrui, sono rei non solo del male che fanno, ma del pervertimento a cui portano gli animi di coloro che offendono.


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Fermo e Lucia
di Alessandro Manzoni
pagine 802

   





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