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      Chiuse la porta e rincorò Fermo con queste parole: «Figliuolo, ditemi il vostro caso».
      «Vorrei dirle una parola in confidenza», rispose Fermo. «Son qui per questo», rispose il dottore: «parlate»; e si pose a sedere sul seggiolone. Fermo stette ritto dinnanzi al tavolo con le mani nel suo cappello.
      «Vorrei sapere da lei che ha studiato...» «Già», interruppe il dottore, «già voi altri siete tutti così; invece di contare il fatto spiccio a chi può ajutarvi, cominciate a fare interrogazioni come se doveste esaminare il causidico. Ma via, qualche minuto di più non fa niente: parlate a modo vostro».
      «Ella ha da scusarmi signor dottore: noi altri poveri non abbiamo studio. Vorrei dunque sapere se a minacciare un curato, perché non faccia un matrimonio, c'è penale».
      - Ho capito (disse fra sè il dottore, che in verità non aveva capito) ho capito, - e pensò subito al modo di cavare partito da quello ch'egli aveva immaginato. Si fece dunque serio, ma in guisa di chi teme per uno che vuol soccorrere: strinse fortemente le labbra facendone uscire un suono inarticolato che accennava il sentimento che espressero più chiaramente le sue prime parole: «Caso serio, figliuolo, caso contemplato. Avete fatto bene a venire da me. Non è mica vedete una di quelle cose che si decidono con leggi vecchie, scritte in latino, nelle quali ci è sempre una decisione per una parte e per l'altra. È un caso chiaro, deciso in una grida, confermata da una grida, tenete, dell'anno scorso, dell'attuale signor governatore del ducato di Milano.


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Fermo e Lucia
di Alessandro Manzoni
pagine 802

   





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