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      La gente si ritirava da ogni parte, e giacché nessuno di quelli che s'abbattevano nella via era interessato per amicizia, o per onore a pigliar parte nella disputa, la quale da duello divenne tosto un fatto generale. Il signor Ludovico e il suo Cristoforo dovevano difendersi contra tre, e il combattimento era tanto più diseguale che Ludovico mirava piuttosto a scansare i colpi, e a disarmare il nemico che ad ucciderlo; ma il signore voleva la vita dell'avversario. Ludovico aveva già toccata in un braccio una pugnalata d'un servitore; e il nemico gli cadeva addosso per finirlo, quando Cristoforo vedendo il suo padrone nell'estremo pericolo s'avventò col pugnale al signore, il quale rivolta tutta la sua ira contro di lui lo passò colla spada. A quella vista Ludovico scordato ogni ritegno cacciò la sua nel ventre del provocatore, il quale cadde quasi ad un punto col povero Cristoforo: i servitori veduto il padrone sul terreno, si diedero alla fuga: e Ludovico rimase solo e ferito, e circondato dal popolo che accorreva, vedendo finita la guerra. «Che è? che è? - Come è andata? Son due morti. - Gli ha fatto un occhiello nel ventre. - Chi? a chi?» Grida e confusione; e il povero Ludovico, col compagno ucciso, e quel che è peggio col nemico ucciso da lui, si trovava in mezzo ad una folla che lo stringeva d'ogni parte. Ma, come è facile da supporre, il favore era piuttosto per lui che per l'avversario, e tutti cercavano di salvarlo. Il caso era avvenuto vicino ad una Chiesa di Capuccini, asilo, come ognun sa, impenetrabile allora ai birri, e a tutto quel complesso di cose e di persone che si chiamava la giustizia.


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Fermo e Lucia
di Alessandro Manzoni
pagine 802

   





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