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      «Farò di più», disse Fermo, «lo condurremo qui a stare allegro con noi».
      «Benone» rispose Tonio.
      Fermo pagò lo scotto, ed uscirono quindi entrambi pieni di speranza; Fermo avvisò il compagno che si tenesse pronto per l'indomani sull'imbrunire; gli raccomandò di nuovo il segreto, quindi si avviò alla casa di Lucia, e Tonio alla sua cantando ad alta voce, come non aveva più fatto da molti mesi.
      Ma in questo frattempo Agnese aveva penato in vano a persuadere Lucia. In tutto il tempo del desinare (il quale non era grazie a Dio più scarso dell'ordinario, perché tanto le donne, quanto Fermo erano dei più agiati del contorno) e dopo quando le furono ritornate all'aspo, Agnese pose in opera tutta la sua eloquenza, ma invano.
      Lucia rispondeva sempre con un dilemma senza però saperlo presentare in forma: «O si può fare», diceva, «e perché non dirlo al padre Cristoforo? o non si può fare, e non si deve fare». Non già che questo rifiuto non fosse più amaro a Lucia che lo proferiva che alla madre; ma Lucia non avrebbe voluto per nulla al mondo far contra la sua coscienza. «Abbiamo bisogno più che mai», diceva ancora, «dell'ajuto di Dio, e se facciamo ciò che non istà bene, come lo potremo sperare?» Così spesero tutto quel tempo in argomentazioni; e uno che le avesse intese disputare, e tornar da capo ognuna a ripetere le stesse ragioni, avrebbe potuto credere che la fosse controversia fra due dotti, piuttosto che disputa fra due donnicciuole.
      Fermo giunse che si disputava tuttavia. Ma Agnese, alla quale allora premeva più di sapere che di parlare, «ebbene Fermo», disse, «avete trovato il bandolo?


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Fermo e Lucia
di Alessandro Manzoni
pagine 802

   





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