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      Ma i nostri tre altri personaggi passarono la notte come sono tutte le notti che precedono una giornata destinata ad una impresa scabrosa e di incerto esito. Agnese appena levata cominciò a spiegare a Lucia tutte le parti del disegno, ad istruirla a puntino sul da farsi e da evitarsi in ogni operazione, e a combattere di nuovo le obbiezioni che Lucia aveva fatte nel giorno antecedente. Ma Lucia ascoltò le istruzioni, promise di eseguirle, e non oppose più nulla. Data la sua promessa, ella stimava inutile ogni parola che tornasse a mettere in questione ciò ch'era stabilito: e non è senza ragione che noi amiamo Lucia come cosa rara non dirò nel suo sesso, ma nella specie.
      Del resto non è ben chiaro se nella rassegnazione di Lucia non entrasse anche un po' il pensiero ch'ella sarebbe stata di Fermo, e se, giacché l'iniquità degli uomini aveva voluto che questa si facesse come per forza, ella non era un po' contenta che forza le si facesse. La poveretta ad ogni modo era abbattuta, piena d'incertezza, d'angoscia, e di tristi presentimenti: in quella agitazione insomma in cui pone una grande aspettazione, e che è più dolorosa che la prostrazione che nasce dopo la sventura.
      Fermo non fu tardo a lasciarsi vedere, e concertò colle donne l'operazioni della giornata, prevedendo ogni contrattempo, parando ogni ostacolo, e ricominciando ad ogni tratto a descrivere la faccenda come si racconterebbe una cosa fatta. Appena partito Fermo, Agnese andò nella casa vicina a cercare un garzoncello suo nipote, chiedendolo ai parenti per quel giorno per fare un servizio.


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Fermo e Lucia
di Alessandro Manzoni
pagine 802

   





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