Pagina (204/802)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

      Alla donna di casa che aveva intercettato il corpo del delitto furono date molte lodi, e nello stesso tempo una prescrizione di segretezza, non accompagnata da minacce, ma in termini che le fecero comprendere che questa segretezza era del massimo interesse anche per lei.
      Ma il temporale più scuro, più lungo, più terribile venne a scendere sul capo di Geltrude. Il Marchese Matteo dopo d'averla caricata di strapazzi, ch'ella intese con tanto più di tremore, quanto si sentiva veramente colpevole, le annunziò una prigione indeterminata nella sua stanza, e per sopra più le parlò d'un castigo proporzionato alla colpa, senza specificarlo, e così la lasciò in guardia alla stessa donna che aveva scoperti gli altari.
      Geltrude aspreggiata, rinchiusa, minacciata, in una situazione che sarebbe stata dolorosa anche alla coscienza più illibata, si trovava anche la memoria del fallo, che basta a rattristare la situazione la più gioconda, e l'animo suo fu prostrato. Non sapeva prevedere come né quando, la cosa sarebbe finita, si aspettava ad ogni momento il castigo incognito e per ciò più terribile; l'essere come sbandita dalla famiglia le era un peso insopportabile, e nello stesso tempo l'idea di rivedere il padre, o di vedere la madre, il fratello la prima volta dopo il suo fallo la faceva trasalire di spavento. In questa agitazione continua si svolse, e si accrebbe nell'animo suo un sentimento nativo in tutti, ma più forte in lei per indole e reso ancor più forte dalla educazione, il timore della vergogna: sentimento non solo onesto, ma bello, ma essenziale; sentimento però che come tutti gli altri può diventare passione violenta e perniciosa quando non sia diretto dalla ragione, ma nutrito di orgoglio.


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

Fermo e Lucia
di Alessandro Manzoni
pagine 802

   





Geltrude Marchese Matteo