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      L'avversione nutrita per tanto tempo a quella condizione le risorgeva pure con tutte le sue immagini, ma ella le pigliava per tentazioni, e le combatteva. In questa incertezza, ella desiderava di rivedere il padre, di rivederlo con una faccia diversa da quella di cui le rimaneva una immagine terribile, e dolorosa, di avere il suo perdono, di essere riammessa nella famiglia.
      Dopo molto combattimento, prese la penna, e scrisse al padre una lettera piena di entusiasmo e di abbattimento, di afflizione e di speranza, nella quale chiedeva istantemente ch'egli la visitasse, e gli lasciava intravedere ch'egli rimarrebbe contento di lei. Non già ch'ella avesse presa una risoluzione, ma non poteva più reggere alla solitudine e alla proscrizione, e sperava confusamente che in quel colloquio la risoluzione si sarebbe fatta per lo meglio.
     
      CAPITOLO III
      V'ha dei momenti in cui l'animo massimamente dei giovani, è, o crede di essere talmente disposto ad ogni più bella e più perfetta cosa che la più picciola spinta basta a rivolgerlo a ciò che abbia una apparenza di bene, di sagrificio, di perfezione; come un fiore appena sbocciato, che s'abbandona sul suo fragile stelo, pronto a concedere le sue fragranze all'aura più leggiera che gli asoli punto d'attorno.
      L'animo vorrebbe perpetuare questi momenti, e diffidando della sua costanza, corre con alacrità a formar disegni irrevocabili: felice se la tarda riflessione non gli rivela col tempo, che ciò che gli era sembrato una ferma e pura volontà non era altro che una illusione della fantasia.


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Fermo e Lucia
di Alessandro Manzoni
pagine 802