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      Lo temeva essa però, ma fino ad un certo tempo non quanto egli avrebbe voluto: e come di lingua e d'ingegno, ella era meglio fornita di lui, di quando in quando ella si vendicava con un motto di molti giorni di una pesante persecuzione. Era quindi fra loro come un continuo stato di guerra. Ma quando dopo la sua prigionia Geltrude comparve davanti al fratello carica d'un fallo e d'un perdono, alzando timidamente gli occhi sulla faccia del fratello, vi scorse una superiorità dalla quale non ebbe pure il pensiero di potersi ribellar mai; si sentì soggiogata per sempre. Ed ora il solo pensare che il fratello in un momento d'impazienza potesse profittare del vantaggio che ella le aveva dato col suo fallo, per gittarle un motto, un rimprovero che alludesse a quello, la faceva tremare. Si pose ella quindi a sedere in fretta, e pure in fretta cominciò a vestirsi. Avrebbe potuto la poverina riflettere che quel pericolo era troppo lontano; che il fratello in un momento in cui sperava da lei un tal sagrificio era ben lontano dal dir cosa che potesse offenderla; e che alla fine per grossolano e sventato ch'egli fosse, non avrebbe scherzato così di leggieri con l'onore di sua sorella, al quale il suo proprio era tanto vicino; ma un effetto dei falli si è appunto di render l'animo più soggetto a timori non ragionevoli.
      Geltrude si vestì dunque in fretta, si lasciò acconciare e comparve nella sala dov'era radunata la famiglia ad aspettarla. Il Marchesino, al quale corsero dapprima i suoi occhj, se ne stava tranquillo, senza dar segno d'impazienza: la Marchesa la quale aveva sagrificate tre ore di letto mostrava nell'aspetto quel misto di sentimenti che nasce dalla consolazione di aver fatta una impresa, e dal dispetto degli incomodi sostenuti per venirne a capo.


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Fermo e Lucia
di Alessandro Manzoni
pagine 802

   





Geltrude Marchesino Marchesa