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      Noi non terremo dietro a Geltrude nei divertimenti, e nelle conversazioni a cui fu condotta o strascinata; né racconteremo tutte le impressioni e i sentimenti dell'animo suo in queste spedizioni; poiché dovremmo ripetere tante volte la stessa cosa, quante furono le fluttuazioni, le risoluzioni, i pentimenti, i sì e i no della sua mente, che furono infiniti.
      Talvolta la pompa degli addobbi, lo splendore delle feste, la musica che non esprime alcuna idea, e ne fa nascere a migliaja, quella esaltazione di gioja che appare negli uomini radunati per divertirsi, e per dir tutto le qualità auree di qualche giovane cavaliere che s'indovinavano al solo vederlo, le comunicava una certa ebbrezza, una specie di entusiasmo che le faceva proporre di soffrire ogni cosa piuttosto che di tornare all'ombra trista e fredda del chiostro. Talvolta lo stordimento, la fatica, la seccaggine dell'udire e la contenzione del rispondere le faceva parer dolce quel silenzio e quella pace. Si destava talvolta piena ancora delle immagini splendide del giorno trascorso; pensava al passo irrevocabile che stava per dare, e diceva tra sè: - Oh che sproposito! - si sentiva un coraggio a tutta prova, e prometteva di tornare indietro. La presenza del padre, o del Marchesino, una cosa qualunque da farsi raffreddavano quel primo impeto; il quale alla sera si trovava talvolta cangiato in un pieno abbattimento. Tornavano allora alla mente le difficoltà, si pensava allora che se anche resistendo si avrebbe potuto schivare il chiostro, non era da sperarsi il viver lieto del quale allora si gustava una parte: perché si era in colpa, perché tutta la bonaccia presente non era assicurata che da un perdono, e il perdono dalla risoluzione di pigliare il velo.


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Fermo e Lucia
di Alessandro Manzoni
pagine 802

   





Geltrude Marchesino