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      - Oh! - dirà taluno, - se egli non avesse creduto al Marchese, avrebbe dovuto supporre così di primo slancio che Geltrude era una finta, o il Marchese un tiranno impostore. E doveva egli pensar così senza alcun fondamento? - Ohibò, di nuovo: non doveva pensar nulla; vi pare egli cosa tanto difficile? Ma per non averlo saputo fare, il buon uomo preparò l'animo suo nulla più che ad adempiere una cerimonia, una formalità, e faceva tutt'altro; e doveva saperlo. Il Signor... pregò Geltrude di riporsi a sedere, sedette, e vedendo in essa quella leggiera perturbazione ch'era da aspettarsi in quel caso, pensò di rincorarla con un modo scherzevole, e le disse: «Signorina, vedo che le fo paura: non me ne maraviglio: io vengo a fare la parte del diavolo; perché ella saprà che io debbo ora mettere in dubbio quella risoluzione che a lei forse pare certa, ferma, irrevocabile; io debbo ora farle guardare attentamente il rovescio della medaglia, al quale ella forse non ha mai pensato; io debbo interrogarla minutamente, per esser certo che ella non pigli qualche illusione per ispirazione».
      «Signore», rispose Geltrude, realmente rincorata dalle parole e dal tuono del buon uomo, «io ho desiderato ardentemente questo abboccamento. Da questo dipende la scelta della mia vita e io spero che da ciò che io sentirò da lei, da ciò che io le risponderò, verrò io stessa a conoscere più chiaramente quale sia la mia vocazione».
      «Bene, bene», rispose con gioja e quasi con ammirazione il Signor... «così mi piace.


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Fermo e Lucia
di Alessandro Manzoni
pagine 802

   





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