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      Che dico? Geltrude stessa fu uno di questi esempj, e insigne; ma ben tardi e dopo aver commessi ben altri errori anzi delitti, dopo sofferta ben altra forza che quella di cui abbiamo parlato. Ma per non precorrere ora agli eventi col racconto, diremo che Geltrude dopo la sua professione, continuava ad opporre nel suo cuore un ostacolo ai rimedj e alle consolazioni che la religione avrebbe date alla sua sciagurata condizione: e questo ostacolo erano le consolazioni ch'ella andava cercando altrove, e particolarmente nelle cose che potevano lusingare il suo orgoglio.
      Il lettore non avrà forse dimenticato che la famiglia onde usciva Geltrude era molto potente, e che questa era la cagione principale per cui ella era stata tanto desiderata nel monastero. In fatti il monastero aveva acquistato nel marchese Matteo un protettore dichiarato il quale risguardava ormai come parte del suo onore l'onore del luogo dove si trovava una sua figlia. Ma questo vantaggio le suore lo pagavano, e per verità la cosa era giusta. Lo pagavano in tanti sgarbi, in tanti scherni, in tante fantasticaggini che avevano a sopportare da Geltrude, la quale, ricordandosi di tempo in tempo delle arti usate da quelle per ajutare a tirarla in quel luogo dove di tempo in tempo ella non si poteva patire, si sfogava avventando beccate agli uccelli che avevano cantato per farla venire nella loro gabbia. E queste beccatelle le suore le toccavano senza risentirsene, per non perdere tutto il frutto del loro acquisto. Geltrude vedendosi così distinta, così sopportata, tanto più libera delle altre provava talvolta un certo conforto iracondo nel valersi di questi vantaggi, e nell'esercitare in tal modo la sua superiorità. Una superiorità d'un altro genere era pure per essa una occasione continua di cercare consolazioni nell'amor proprio, ed era la sua bellezza: ma quali consolazioni, per amor del cielo! pari a quelle che provava Robinson nella sua isola in contemplare le monete ch'egli aveva trovate nei frantumi del vascello sul quale era naufragato.


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Fermo e Lucia
di Alessandro Manzoni
pagine 802

   





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