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      I sospetti erano già molto sparsi, e Don Rodrigo sotto l'apparente rispetto, e sui visi inchinati dei contadini in cui si abbatteva, potè scorgere qualche cosa di misterioso che annunziava un pensiero celato di cognizione, e una gioja compressa per la trista riuscita del suo infame tentativo. Don Rodrigo faceva osservare quelle facce al suo compagno, e si rodeva; ma non ardiva né poteva fare alcun risentimento perché all'oscurarsi del suo sguardo gl'inchini diventavano più umili, e gli aspetti più sommessi, e non ci sarebbe stato verso di appiccare una lite senza troppo scoprirsi.
      Giunti a casa i due cacciatori leggiadri trovarono il Griso che gli aspettava con le notizie. Quand'egli ebbe fatta la sua relazione, Don Rodrigo si volse al cugino, come per chiedergli consiglio. Il Conte Attilio era uno sventato, ma l'affare era tanto serio ch'egli stesso lo era divenuto, e disse: «Se mi aveste chiesto parere quando avete cominciato a divagarvi con questa smorfiosa, da buon amico vi avrei detto di levarne il pensiero, perché era cosa da cavarne poco costrutto; ma ora l'impegno è contratto, c'entra il vostro onore, e quello della parentela: ora si direbbe che vi siete lasciato metter paura, e che non l'avete saputa spuntare. Dal modo con cui vi conterrete in questa occasione dipenderà la vostra riputazione e il rispetto che vi si porterà nell'avvenire».
      «Avete ragione».
      «E», continuò il Conte Attilio; «fate pur conto sopra di me come sopra un buon parente ed amico: non si tratta ora più di scommesse e di scherzi».


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Fermo e Lucia
di Alessandro Manzoni
pagine 802

   





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