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      Don Rodrigo sceso, e date le briglie in mano al Griso cominciò a salire con la sua guida; la quale non volendo forse avere offeso un uomo che poteva esser più amico del Conte che non si sapesse, fece una qualche scusa a Don Rodrigo di averlo fatto scendere. «Se il Signor Conte», disse colui, «fosse stato avvertito della sua visita, avrebbe dato ordine perch'ella fosse accolta con le debite cerimonie; perché ella deve sapere quanto il mio padrone sia cortese coi gentiluomini che sanno il vivere del mondo; ma Vossignoria non è aspettata, e noi abbiamo dovuto fare il nostro dovere che è di non lasciar passare a cavallo che gli amici vecchi del signor Conte».
      «Certo, certo», rispose Don Rodrigo: «io sono buon servitore del signor Conte, e non pretendo che egli abbia a far complimenti con me».
      - Questi è un signore davvero, - pensava tra sè continuando la sua salita Don Rodrigo. - Vedete un po', come sa farsi rispettare, ed esser padrone in casa sua. S'io volessi fare una legge simile, non so se vi potrei riuscire: ma è poi anche vero che fa una vita da romito. A voler godere un po' il mondo non bisogna star tanto in sulle sue, né metter tanta carne a fuoco. - Così Don Rodrigo si racconsolava della sua inferiorità; e nel resto del cammino andava rimasticando i discorsi ch'egli aveva preparati pel Conte. Giunti al castello, la guida v'entrò con Don Rodrigo, e lo fece aspettare in una sala, dove stavano sempre servi armati, pronti agli ordini del Conte. Dopo pochi momenti, la guida tornò invitando Don Rodrigo ad entrare dal padrone; e di sala in sala sempre incontrando scherani, lo condusse a quella dove stava il Conte del Sagrato.


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Fermo e Lucia
di Alessandro Manzoni
pagine 802

   





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