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      «Così farò; e mi raccomando... vede bene... non vorrei che... il Signor Conte darà ordini precisi, e impiegherà persone di giudizio».
      «Al corpo di mille diavoli! Ella non sa dunque come io son servito: tutti i miei uomini sono ben persuasi che colui il quale in una simile circostanza pigliasse la più picciola libertà, sarebbe punito con le mie mani».
      «Non ne dubito», rispose Don Rodrigo.
      «Segreto, e fedeltà ai patti!» disse il Conte.
      «Son uomo d'onore», rispose Don Rodrigo, e si accomiatò. Uscì del castello, scese alla taverna, trovò la sua scorta, pagò largamente lo scotto, e si avviò verso casa.
      Non aveva egli ancora oltrepassata la soglia del castello del Conte, che questi aveva già dato principio all'impresa, prendendo la penna, e scrivendo una lettera a quell'Egidio di Monza, che il lettore conosce, per invitarlo a venire al Castello per un negozio di somma premura.
      È d'uopo sapere che il Conte era uno di quei vecchi amici del padre di Egidio coi quali questi aveva mantenuta corrispondenza; anzi era di tutti il più intrinseco e il più riverito. Il giovane Egidio appena rimasto solo aveva implorata l'assistenza del Conte per adempire la vendetta del padre, e il Conte che nel giovanetto aveva già intravedute disposizioni non ordinarie, e che aveva pensato di farne uno degli agenti che teneva in varie parti del paese, lo aveva in quella occasione soccorso di denari e d'uomini, e sempre in seguito gli si era mostrato pronto ad ajutarlo dove fosse stato di mestieri.
      Si formò quindi fra loro l'intelligenza di darsi mano a vicenda in ogni occorrenza; nel che Egidio faceva le sue parti con molto zelo, e con una certa sommessione verso il Conte, per la sua età, per la sua fama, e per gli obblighi che Egidio gli aveva, e perché in ogni frangente contava d'avere in lui un difensore invincibile.


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Fermo e Lucia
di Alessandro Manzoni
pagine 802

   





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