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      I bravi, senza ardire di porle le mani addosso, e guardandola con un certo rispetto le andavano facendo animo, e ripetendo: «coraggio, non è niente, non vogliamo farvi male: siamo galantuomini». Il primo uso che fece Lucia della vita fu di gittarsi con forza verso lo sportello per vedere dove fosse, se gente passasse, se potesse lanciarsi al di fuori ad ogni pericolo: ma appena potè scorgere che il luogo ch'ella attraversava rapidamente era un bosco, che anima vivente non v'era: che le braccia villane che l'avevano già conficcata la prima volta al fondo della carrozza, ve la conficcarono di nuovo. Levò ella allora un altro grido, ma la stessa manaccia tornò in furia con lo stesso fazzoletto, e il padrone di quella manaccia disse nello stesso momento: «Facciamo i nostri patti: noi non vi faremo male, non vi toccheremo, ma voi non cercherete né di fuggire né di gridare: già è inutile, ma pure se voleste tentarlo, noi siamo qui, amici o nemici, come vorrete».
      «Lasciatemi andare», disse Lucia con voce soffocata dallo sdegno e dallo spavento: «lasciatemi andare subito, subito: io non son vostra, lasciatemi andare».
      «Non possiamo», rispose il malandrino.
      «Dove mi conducete? dove sono? voglio andare al convento dei cappuccini».
      «Ohibò ohibò», disse sogghignando colui, «che le ragazze non istanno bene coi cappuccini. Venite con noi di buona voglia».
      «No no», rispose Lucia alzando la voce; ma il fazzoletto fu alzato.
      «Lasciatemi andare per amor di Dio», ripigliò ella con voce più fioca. «Dove mi conducete?


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Fermo e Lucia
di Alessandro Manzoni
pagine 802

   





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