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      La vecchia accompagnava la lettiga, entrò insieme in casa, la fece deporre in una stanza, dove rimase sola con Lucia, dicendo a coloro che l'avevano portata, che andassero ad avvertire il Signor Conte. Ma il Signor Conte aveva già intesa dal Tanabuso la relazione del rapimento, del viaggio e dell'arrivo. «Ebbene», aveva egli detto al Tanabuso, «fatto?»
      «Fatto», rispose Tanabuso.
      «A dovere?»
      «A dovere».
      «Non c'è stato bisogno di spiegar le unghie?»
      «Tutto è andato quietamente»; e qui fece il Tanabuso la sua narrazione. E aggiunse: «Tutto è corso a verso, com'ella vede, signor padrone; ma una sola cosa ci ha dato un po' di disturbo».
      «Che è?» chiese il Conte.
      «Quella ragazza», rispose il Tanabuso... «quella povera ragazza... un tal guaire, un tal piangere, un tal pregare... restar lì come morta..., guardarci un po' come diavoli, un po' con gli occhi pietosi... che... che...»
      «Che?» disse il Conte; «sentiamo un po' questa che vuol essere nuova, ribaldonaccio».
      «Che mi ha fatto compassione».
      «Ohe!» disse il Conte, «bisognerà che ti dia doppia mancia per quello che ha patito il tuo povero cuore».
      «Possa io diventare un birro se non è così», rispose il Tanabuso; «mi ha fatto compassione. Dico la verità Signor padrone, avrei avuto più caro che l'ordine fosse stato di darle una schioppettata, alla lontana, prima di sentirla discorrere».
      «Ora», riprese il Conte, «lascia da parte la compassione, cacciati la via tra le gambe, vanne diritto al castello di quel Don Rodrigo... Sai dov'è posto?». Il Tanabuso accennò di sì: «fagli dire che sei mandato da me, dagli questo segno nelle mani, e torna a casa.


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Fermo e Lucia
di Alessandro Manzoni
pagine 802

   





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