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      .. Oh che coraggio aveva allora! era un uomo! e in un momento sono diventato... che cosa son diventato? che è accaduto? non son sempre quello? Ecco anche quel Vercellino vorrei non averlo ammazzato. Se doveva pensare così un giorno, era meglio che avessi pensato così sempre. Vieni o luce maledetta, ch'io possa uscire da questo covaccio di triboli, e andare a vedere quella ragazza. Ma devo lasciarla andare? Vedremo: vedremo come mi sentirò. Se potessi dormire almeno un'ora, forse mi sveglierei coll'animo di questa mattina!
      In questi e simili pensieri passò il Conte del Sagrato quasi tutta la notte; finalmente, non essendo il giorno lontano, la stanchezza lo vinse, e si assopì. Ma i pensieri che avevano riempiuta la sua veglia, trasmutati ora alquanto e rivestiti di forme più strane e più terribili lo accompagnarono nel sonno. Era già levato il sole, e il Conte stava affannoso sotto il giogo di quei sogni rammentatori, quando a poco a poco egli cominciò a risentirsi scosso come e quasi chiamato da un romore monotono, continuo, insolito: stette alquanto tra il sonno e la veglia, e finalmente tutto desto, e gettato un gran sospiro, riconobbe un suono festoso di campane, e pensò che potesse essere, né gli sovvenne di cosa che potesse essere allora cagione di festa. Si alzò, si vestì rapidamente, e prima d'andare alla stanza di Lucia (che la risoluzione gliene era rimasta) si fece alla finestra della sua stanza che dominava il pendio, prima rapido, poi più lento e quasi piano fino al lago; e qua e là villaggi sparsi, e case solitarie.


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Fermo e Lucia
di Alessandro Manzoni
pagine 802

   





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