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      Per vedere una volta quale di queste due opinioni sia la più ragionevole, bisogna esaminare due gran fatti, o due serie di fatti. La prima; in che consistesse principalmente la corruttela delle lettere nel seicento, se questa corruttela sia stata una deviazione forzata dalla via tenuta nel cinquecento, quali idee si siano perdute, quali pervertite da un secolo all'altro; giacché la corruttela delle lettere non può essere altro che smarrimento, o pervertimento d'idee, a meno che non si voglia ammettere una letteratura che non sia composta d'idee. L'altra; quali, dopo quella abbominazione del seicento siano state le idee introdotte negli scritti italiani, le quali hanno riprodotta una letteratura ragionevole e splendida, hanno avvertita l'Europa che le lettere in Italia non erano più come lo erano state per un secolo, una buffoneria, un mestiere guastato, l'hanno costretta a rivolgersi con attenzione a questa parte per udire con la speranza di una istruzione, d'un diletto razionale, quali siano le idee uscite dall'Italia e ricevute in parte del patrimonio comune della coltura Europea. Raccolti i sommi capi di queste idee della letteratura italiana risorta, bisognerà ancora cercarne la sorgente; vedere se sieno state riprese, svolte dagli scritti del cinquecento, o da che altra parte sieno venute a fare impeto nella letteratura italiana. Quanto alla prima questione... ma qui una buona ispirazione ci avverte che siamo fuori di strada; che musando così in ciarle di discussione mentre si tratta di raccontare, noi corriamo rischio di perdere, abbiamo forse già perduti i tre quarti dei nostri lettori; cioè almeno una trentina; tanto più che questa fatale digressione è venuta appunto a gettarsi nella storia nel momento il più critico, sulla fine d'un volume, dove il ritrovarsi ad una stazione è un pretesto, una tentazione fortissima al lettore di non andar più innanzi, dove è mestieri di una nuova risoluzione, d'un generoso proposito per riprendere e quasi ricominciare il penoso mestiere del leggere.


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Fermo e Lucia
di Alessandro Manzoni
pagine 802

   





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