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      .. andare! bisogna andare. Oh che faccenda! oh che impiccio! Oh quando potrò contarla a Perpetua, e dire: è andata bene!
      Così si angariava il pover uomo, cercando nella sua mente qualche materia di discorso, e rigettando questa perché troppo ardita, quella perché troppo volgare; come un povero scrittore che abbia a fare con un pubblico difficile. Se il Conte avesse potuto sospettare che la mente di Don Abbondio era ad una simile tortura, gli avrebbe tosto cercate le parole più atte a dare sicurezza anche ai pusillanimi; avrebbe fatto in modo d'infondere ogni coraggio a Don Abbondio: poiché il timore ch'egli ispirava sarebbe stato per lui in quel momento un rimprovero doloroso, un ricordo di tutto ciò che v'era stato in lui di feroce e d'ingiusto, di ciò ch'egli allora detestava, e voleva riparare. Ma per disgrazia di Don Abbondio, era il Conte talmente occupato dei suoi pensieri, talmente distratto da tutto ciò che non era, egli, il cardinale, e Lucia, che non si avvedeva per nulla della tempesta che bolliva nell'animo del suo compagno, e a dir vero non si ricordava quasi ch'egli fosse presente.
      Giunse alla fine l'ajutante di camera, a dire che tutto erA in pronto. Don Abbondio guardò allora al Conte, il quale alla prima parola intesa s'avviò; s'accorse allora di Don Abbondio, e lo riverì, come si fa a persona che sopraggiunga; e quindi trovandosi già presso alla porta continuò il suo cammino seguendo l'ajutante di camera. Don Abbondio che aspettava questo momento per vedere se il Conte gli usasse un atto di cerimonia anzi di civiltà, e pigliarne buon augurio, fu contristato della poca buona creanza del Conte; e gli tenne dietro con l'animo sempre più sconsolato.


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Fermo e Lucia
di Alessandro Manzoni
pagine 802

   





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