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      Così pian piano la comitiva si avanzava, quando giunse sotto il portico, dove si dovette rallentare ancor più la marcia per la folla di popolo chiusa fra i due muri; il Conte, guardando nella Chiesa dalla porta che era spalancata, si trasse il suo cappello piumato, e inchinò la fronte fino su la chioma della mula: atto che eccitò un mormorio di gioja e di stupore nel popolo che poteva vederlo, e si propagò per tutta la folla, ognuno raccontandone il motivo ai suoi vicini. Don Abbondio si trasse pure il suo gran cappello senza piume, s'inchinò, sentì i suoi confratelli che cantavano, e provò forse per la prima volta un sentimento d'invidia in una tale occasione. - Oh quante volte, - diss'egli in cuor suo, - queste funzioni mi son parute lunghe come la fame; e non vedeva l'ora d'andarmene in sagrestia a piegare la mia cotta; e adesso torrei volontieri di star lì a cantar fino a sera; in quella santa pace; e invece bisogna andare... Ma Dio benedetto! - sclamò egli internamente come l'uomo che è vivamente penetrato dal sentimento che gli si fa torto, - giacché m'avete ficcato in questo impiccio, almeno almeno, ajutatemi.
      Superata tutta la folla, il corteggio seguì pianamente il suo cammino; ma siccome la disposizione d'animo dei due personaggi a cavallo era sempre la stessa, anzi i pensieri dell'uno e dell'altro diventavano sempre più intensi a misura che si avvicinava la meta, così il cammino si faceva in silenzio, e noi non possiamo riferire che i soliloqui dell'uno e dell'altro.


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Fermo e Lucia
di Alessandro Manzoni
pagine 802

   





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