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      Quindi non aveva ancora una opinione in mente su questo fatto, e sincero com'era, non lasciava trasparire nessuna opinione: a segno che Don Abbondio non vedendo negli atti e nel volto di lui nulla che indicasse malcontento o sospetto, tenne per fermo che il Cardinale non sapesse nulla, e ne fu molto consolato.
      Il corteggio raddoppiato andò verso la Chiesa, e quivi il Cardinale entrato come potè tra i plausi e gli urti, e pregato alquanto, cominciò le sue funzioni da un breve discorso ch'era uso di fare al popolo sulla visita ch'egli stava per intraprendere, e quindi si ritirò nella casa del Curato.
      Per quanto quei buoni terrazzani avessero voglia di accogliere il loro vescovo con dimostrazioni straordinarie di venerazione e di affetto premuroso, non lo poterono fare, perché i plausi e gli urti fino all'ultimo grado erano diventati l'accoglimento ordinario per lui, e quel primo entrare nelle Chiese, ch'egli andava a visitare, non era la minima delle sue pastorali fatiche, né il più leggiero pericolo. Da per tutto era mestieri prima di tutto ch'egli avesse molta sofferenza, e quindi che quelli del suo corteggio gli servissero da guardie, diradando la turba come potevano, allontanando quelli che volevano baciare o tirare la sua veste, facendo in modo in somma che a forza d'amore e d'ossequio il buon uomo non fosse sconquassato. Questa amorevole persecuzione, ormai antica, aveva cominciato per lui dai primi giorni del suo episcopato: poiché, quando egli fece il suo ingresso nel Duomo di Milano (che, a dirla senza vanità, è un ampio edificio) egli fu talmente compresso che molti nobili che lo circondavano trassero le spade per allontanare la folla; tanto v'era allora d'incomposto anche nella riverenza e nella protezione; e malgrado questa minaccia, forse invece d'un vescovo santo, sarebbe rimasta in duomo una reliquia, se due preti tarchiati e giovani non avessero tolto da quella stretta il Cardinale, e sollevatolo sulle loro braccia non l'avessero portato in salvo fino all'altare.


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Fermo e Lucia
di Alessandro Manzoni
pagine 802

   





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