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      Fermo era tra questi, e gridava a testa: «prigione, giustizia!»
      I sentimenti, le grida, i movimenti di questa parte più placabile erano mossi e regolati, senza ch'ella se ne avvedesse, da alcuni, i quali senza aver fra di loro intelligenze precedenti, operavano pure di concerto, condotti da una intenzione comune.
      V'ha degli uomini onesti, ai quali nelle sommosse popolari, alle affoltate, alle vociferazioni d'una moltitudine alleggiata, sono colpiti da un orrore pauroso, non ponno sostenerne la vista, la vicinanza, e vanno a rimpiattarsi, se è possibile, dove non ne giunga nemmeno il mormorio.
      Ve n'ha altri, i quali sentono un orrore egualmente forte, ma che non li confonde, che non toglie anzi cresce loro l'attività. Il tumulto è per essi un nemico terribile, di cui vanno in cerca, per opprimerlo, o per ammansarlo: accorrono dove la confusione è più bollente, il brulicame più fitto: non si curano o dimenticano in quel momento da che parte sia la ragione e il torto, dimenticano il proprio pericolo, e non hanno altro di mira che di frastornare le risoluzioni feroci, d'impedire delitti: sono del partito degli oppressi e dei minacciati, quali essi sieno; difenderli, salvarli, trafugarli, reprimere i violenti, acquetare le cose è il loro scopo. Di questa specie d'uomini molto rispettabile erano coloro che abbiamo accennati: l'oggetto dei loro sforzi era di stornare la carnificina preparata al Vicario di Provvisione: sentirono essi tosto che la venuta e la proposta di Ferrer era un mezzo potente alla loro mira, anzi l'unico, al punto in cui erano le cose, e tutti, come d'accordo, fecero tutto il possibile, per cavare ogni vantaggio da quell'incidente avventurato.


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Fermo e Lucia
di Alessandro Manzoni
pagine 802

   





Vicario Provvisione Ferrer