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      Dette queste parole come per isfogo, e per una apologia anticipata, si mosse, abbassò la sua lucerna, e la pose dinanzi a sè, uscì, volse la chiave nella toppa, e chiuse così Fermo nella stanza, e s'avviò per la scala verso la cucina. Ma nel fare tutte queste operazioni, e nello scendere, continuava tra sè la allocuzione che aveva cominciata dinanzi a Fermo, favellando con l'assente come aveva fatto coll'addormentato.
      - In un giorno come questo - proseguiva egli - colla mia prudenza, io era venuto a capo di salvare la capra e i cavoli, di passarmela liscia; e il diavolo doveva mò proprio portarti alla mia osteria per guastarmi il mestiere. Se tu fossi venuto solo, avrei potuto lasciarti addormentare su la tua panca, e quando tutti fossero partiti, portarti fuora, e collocarti in un canto della strada al fresco, e domattina poi ti saresti svegliato un po' ingranchito, ma fuor d'impicci tu ed io. Ma tu invece, pezzo d'asino, hai pensato anche a condur teco un testimonio.
      A questo punto della sua arringa mentale, l'oste si trovò in cucina, girò un'occhiata per vedere se tutto era in regola, fece un cenno con l'occhio all'ostessa che nella sua assenza presiedeva con la prudenza e con l'imparzialità del mestiere la brigata procellosa; e quindi staccò il mantello da un cappellinajo, e se lo pose indosso, continuando tuttavia:
      - E che testimonio! Pare che tu avessi paura di passartela senza impicci; volevi proprio far le cose a dovere per tirarti una tegola sul capo. - Qui staccò pure il cappello, e lo pose in capo.


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Fermo e Lucia
di Alessandro Manzoni
pagine 802

   





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