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      In Chiesa poi, se uno di quegli che si trovavano sui banchi vicini aveva guardato attentamente a Lucia, o aveva tossito, Ghita, continuando a mormorare le sue orazioni, non pensava più che a guardare il suo deposito. Aveva inoltre l'incarico di frugare, quando lo poteva senza essere scoperta, nelle tasche di Lucia, per vedere se mai ella ricevesse qualche lettera. Questa precauzione avrebbe potuto sembrare inutile, giacché, (e qui dobbiamo apertamente confessare una cosa che finora si è appena indicata e lasciata indovinare) la nostra eroina non sapeva leggere: ma Ghita pensava che le precauzioni non sono mai troppe. Quello poi che in questo procedere vi poteva essere d'indelicato, non riteneva Ghita per nulla; essa non vi sospettava nemmeno nulla di simile; non conosceva né la parola né l'idea; anzi la parola in questo senso non esiste neppure ai nostri giorni nella lingua pura, e noi adoperandola sappiamo d'essere incorsi in un brutto neologismo. Finalmente, doveva Ghita cercare di scovare nei discorsi di Lucia se mai ella avesse qualche speranza, se qualche pratica fosse ordita, farla ciarlare artificiosamente su tutti quegli incidenti che avevano dato a Ghita qualche sospetto.
      Ebbene, signori miei, tutta questa gran macchina di cure e di operazioni, tutto questo lavorare sott'acqua non dava quasi nessun incomodo a Lucia; o per dir meglio ella non se ne avvedeva; e benché non potesse a meno di non sentire qualche cosa di minuto e di pettegolo nella sollecitudine continua di Ghita, pure lo attribuiva alla indole di lei, e non mai a un disegno profondo, e comandato.


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Fermo e Lucia
di Alessandro Manzoni
pagine 802

   





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