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      Agnese aveva ancora una ventina di quegli scudi d'oro che il Conte del Sagrato le aveva donati così a proposito, e quasi per ispirito di profezia. Che in quell'anno, senza quell'ajuto di costa, la poveretta sarebbe stata ridotta a morire di stento, o a pitoccare disperatamente come tanti altri. Ma dopo d'aver sentiti i vantaggi della ricchezza, Agnese ne provava ora tutte le cure e i terrori. È ben vero ch'ella aveva sempre dissimulata prudentemente quella ricchezza, e il solo che fosse del segreto era Don Abbondio che era stato testimonio del dono, e al quale essa ricorreva per fargli di tempo in tempo cambiare uno scudo in picciola moneta. Ma una indiscrezione poteva avere tradito il segreto, o un sospetto averlo indovinato, e allora il pericolo sarebbe stato terribile, e la fuga mal sicura. Poiché era cosa nota che nei luoghi dove la soldatesca era già passata, uomini, ai quali in verità non si saprebbe trovare un epiteto, o per invidia, o per isperanza di premio avevano guidati quei masnadieri al nascondiglio di qualche lor paesano denaroso, segnandolo così allo spoglio, ed ai tormenti. Per queste ragioni Agnese fluttuava in un dubbio tempestoso: più volte, vedendo passare qualche frotta de' suoi paesani che tiravano verso i monti, s'era mossa per mettersi in loro compagnia; e poi ristava, pensando con raccapriccio ai pericoli che l'asilo stesso poteva avere per lei. Ma dove trovare quello che le desse la sicurezza particolare di ch'ella aveva bisogno? Maneggiando e rimaneggiando quegli scudi d'oro, svolgendoli, e rincartocciandoli, togliendoli di seno per riporveli meglio, le sovvenne di colui che glieli aveva dati, delle sue proferte, del suo castello posto al confine e in alto come il nido dell'aquila; e si fermò tosto nel pensiero di cercarsi l'asilo colà. Aveva già sotterrate, nascoste sul solajo, riposte alla meglio le masserizie più grosse; sbarrò come potè le finestre; tolse un fardello dove aveva ragunato ciò che le sue forze bastavano a portare; ravvolse per l'ultima volta quegli scudi d'oro, e li cacciò sotto il busto, tra la camicia e la pelle, uscì di casa, chiuse la porta, più per non trascurare una formalità che per fiducia che avesse in quei gangheri e in quelle imposte, si mise la chiave in tasca, e s'avviò. Trovandosi così soletta in istrada pensò quanto le sarebbe stato prezioso un compagno in quel tragitto.


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Fermo e Lucia
di Alessandro Manzoni
pagine 802

   





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