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      Rimase egli dunque fino alla fine; ma non per questo lasciò di trarre profitto dalle sue ville: scelse tra i giovanetti che si educavano al ministero ecclesiastico alcuni distinti per morigeratezza e per diligenza; e gli mandò quivi per sottrarli al comune pericolo, e in tanta strage serbare almeno il meglio ad un migliore avvenire.
      La condotta del clero non fu difforme dall'esempio del pastore: non vi fu appestato che desiderasse invano l'assistenza del sacerdote: preti e frati nel lazzeretto, nelle case, nelle vie accorrevano al bisogno, ne andavano in cerca; e il cardinale stesso, e nei pubblici sermoni, e nel suo trattatello della peste, loda con gratitudine i molti che in quell'opera avevano perduta la vita, e i superstiti, che non l'avevano però risparmiata.
      Fra quel nobile volgo si distinse un uomo che avrebbe un nome storico, se la storia fosse consecrata a descrivere lo stato delle società nei diversi tempi, e a segnalare i fatti e i caratteri che più servono a far conoscere la natura umana. Nei molti cappuccini che si offersero ad assistere gli appestati, v'era un Padre Felice Casati di grande autorità presso ogni sorta di persone per la severa santità della vita, per una straordinaria potenza d'animo, e per fama di sapere. I Decurioni impacciati com'erano, pensarono che un tanto frate poteva essere impiegato a più vasta opera che egli stesso non pensasse; e lo scongiurarono d'assumere il governo del lazzeretto. Egli andò a chiedere il consiglio di Federigo, il quale abbracciatolo a più riprese, lo animò ad accettare l'incarico.


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Fermo e Lucia
di Alessandro Manzoni
pagine 802

   





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