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      Si raccontavano o anche s'inventavano prodezze d'ogni genere compiute col favore della confusione, e dello spavento publico; si disegnavano nuove vittime; e la vile e impunita sfrenatezza si vantava anticipatamente dei nuovi trionfi che meditava. Tornando da tutta questa allegria, Don Rodrigo sentiva però una gravezza di tutte le membra, una difficoltà crescente nel camminare, una ansietà di respiro, una inquietudine, un grande abbattimento; ma cercava di attribuir tutto questo al sonno. Sentiva un'arsura interna, una noja, un peso degli abiti, ma cercava di attribuirlo alla stagione, ed al vino. Giunto a casa, chiamò il fedel Griso, uno dei pochi famigliari che gli erano rimasti, e gli comandò che gli facesse lume alla stanza dove sperava di finir tutto con un buon sonno. Il Griso vide la faccia del suo signore stravolta, d'un rosso infiammato e splendente, e gli occhi luccicanti; e si tenne lontano con una certa aria di sospetto; perché ogni mascalzone aveva in quel tempo dovuto farsi l'occhio medico.
      «Ho bevuto, ho bevuto», disse Don Rodrigo, che non potè non avvedersi di quell'atto e del pensiero nascosto; «siamo stati allegri: sto bene, benone, Griso: ho sonno: oh che sonno! Levami un po' dinanzi quel lume che mi abbaglia. Diavolo, che quel lume mi dia tanto fastidio! Debb'essere quella vernaccia certamente, che te ne pare? eh Griso? Domani sarò vispo come un pesce». «Sicuro», disse il Griso tenendosi sempre discosto: «ma si corichi presto, che il dormire gli farà bene».
      «Hai ragione; ma sto bene ve' Griso: levami quel lume dinanzi». Il Griso non se lo fece ripetere, e partì col lume, al momento che Don Rodrigo si gettava sul letto.


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Fermo e Lucia
di Alessandro Manzoni
pagine 802

   





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