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      Fermo cercò di schivare tutte le parti abitate, venendo pei campi: sul mezzo giorno si riposò in un bosco, vicino ad una sorgente, ivi si rifocillò col cibo che aveva portato seco; lasciò passare le ore più infocate; riprese la sua strada; cominciò a riveder luoghi noti, misti alle memorie della sua fanciullezza, e due ore circa prima del tramonto scoperse il suo paesetto. Alla prima vista Fermo ristette un momento, come sopraffatto dalle rimembranze, e dai pensieri dell'avvenire, e ripreso fiato procedette, entrò nel paese. L'aspetto era come quello di tutti gli altri che Fermo aveva dovuti vedere; ma la tristezza fu ben più forte che egli non l'avesse ancor provata. Guardò se vedeva attorno qualche suo conoscente, qualche persona viva: nessuno; le porte chiuse, o abbandonate; avanzando, scorse un uomo seduto sul limitare, lo guardò, durò fatica a riconoscerlo, travisato com'era dal male; ma non fu riconosciuto da esso che gli piantò in faccia due occhj insensati, e non fece motto. Fermo lo chiamò per nome, non ne ebbe risposta, e più che mai accorato si avviò alla sua casa. Ella era, quale l'avevano lasciata i lanzichenecchi: senza imposte, diroccata qua e là, qua e là affumicata, e dentro vuota ma non già pulita, che vi rimaneva ancor lo strame che era stato letto ai soldati. Ne uscì Fermo in fretta inorridito, ritraendo l'occhio dallo spettacolo, e la mente dai pensieri e dai ricordi che quello spettacolo faceva nascere, e si incamminò alla casa d'Agnese, con l'ansia di rivedere un volto amico, di udire da lei ciò


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Fermo e Lucia
di Alessandro Manzoni
pagine 802

   





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