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      Egli impallidì dopo d'averle intese, e tremò d'esser giunto al termine che aveva tanto bramato, pel quale aveva intrapreso quel viaggio doloroso, e sostenuto di passare per tanta gramezza. S'avanzò per quella via a passo interrotto, giunse dinanzi alla casa, la distinse tosto fra le case vicine più umili, e più disadatte, si appressò alla porta che era chiusa, pose la mano al martello, ve la tenne sospesa, come avrebbe fatto se la tenesse in un'urna, prima di cavarne la polizza dove fosse scritta la sua vita, o la sua morte. Finalmente alzò il martello, e bussò.
      Si apre una finestra, e vi compare una donna: era la signora Ghita, che guardò con sospetto se fossero monatti, malandrini, qualche cosa di tristo, di quello che girava in quel tempo: vide quello sconosciuto, e prima ancora d'intendere che egli volesse, disse, o rispose: «Qui non c'è niente».
      «Signora», disse Fermo con voce tremante, «sta qui una forese, che si chiama Lucia Mondella
      «Non c'è più; andate», rispose la Signora Ghita.
      «Non c'è più!» gridò Fermo, spaventato da quella ambigua risposta. «Dov'è ella? per amor del cielo».
      «Al lazzeretto grande».
      «Con la peste!»
      «Con la peste: che maraviglia? andate».
      «Da quando v'è ella? e come si può trovarla? Oh Dio! era ella molto aggravata?»
      «Non è tempo da rispondere a tante cose», disse col suo tuono agro la signora Ghita. «V'ho detto anche troppo pel tempo che corre. Vi replico, andate». E così dicendo, fece vista di chiudere la finestra.
      «No, no», disse Fermo: «che carità è questa? voglio saper nuove di questa creatura; non parto di qui se prima.


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Fermo e Lucia
di Alessandro Manzoni
pagine 802

   





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