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      Va; non ho tempo di più darti retta».
      E, così dicendo, gettò da sè la mano di Fermo, e si mosse verso una capanna d'infermi.
      «Ah padre!» disse Fermo con voce affranta, «mi vuol ella mandar via a questo modo?»
      «Come!» riprese con voce non meno severa il capuccino: «ardiresti tu di pretendere ch'io rubassi il tempo a questi afflitti, che aspettano ch'io parli loro del perdono di Dio, per ascoltare le tue voci di rabbia, i tuoi disegni di vendetta? Ti ho ascoltato quando tu potevi aver bisogno di conforto, chiedevi consolazione, e indirizzo; mi son tolto alla carità per la carità; ma ora tu hai la tua vendetta in cuore; che vuoi da me? Vattene; ho veduti morire qui degli offesi che perdonavano; degli offensori, che avrebber voluto potersi umiliare dinanzi all'offeso: ho pianto con gli uni e con gli altri; ma con te che posso fare?... se tu non gli perdoni da vero, e...»
      Il suono di queste ultime voci era raddolcito, e l'aspetto del vecchio nel proferirle, pure in mezzo alla severità annunziava una tenerezza pronta a scoppiare.
      «Ah gli perdono!» disse Fermo piangendo: «così Dio perdoni a me! così possa io tornar qui a dirle che Lucia è viva, che Lucia vivrà».
      «Vien qua» disse il padre, pigliandolo per mano; e lo ricondusse nella capannuccia, e lo fece seder come prima presso di sè. Fermo stava tutto intento e commosso.
      «Sai tu», disse il padre, «perché io porto quest'abito?»
      Fermo esitava: «Lo sai tu?» riprese il padre.
      «Lo so», rispose Fermo.
      «Tu sai che questa mano ha ucciso!»
      «Sì, ma un prepotente che l'aveva aizzato, uno di quei.


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Fermo e Lucia
di Alessandro Manzoni
pagine 802

   





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