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      – Di' su.
      – Ma...! – disse Renzo, mettendo il dito alla bocca.
      – Fa bisogno di queste cose? tu mi conosci.
      – Il signor curato va cavando fuori certe ragioni senza sugo, per tirare in lungo il mio matrimonio; e io in vece vorrei spicciarmi. Mi dicon di sicuro che, presentandosegli davanti i due sposi, con due testimoni, e dicendo io: questa è mia moglie, e Lucia: questo è mio marito, il matrimonio è bell'e fatto. M'hai tu inteso?
      – Tu vuoi ch'io venga per testimonio?
      – Per l'appunto.
      – E pagherai per me le venticinque lire?
      – Così l'intendo.
      – Birba chi manca.
      – Ma bisogna trovare un altro testimonio.
      – L'ho trovato. Quel sempliciotto di mio fratel Gervaso farà quello che gli dirò io. Tu gli pagherai da bere?
      – E da mangiare, – rispose Renzo. – Lo condurremo qui a stare allegro con noi. Ma saprà fare?
      – Gl'insegnerò io: tu sai bene ch'io ho avuta anche la sua parte di cervello.
      – Domani...
      Bene.
      – Verso sera...
      – Benone.
      – Ma...! – disse Renzo, mettendo di nuovo il dito alla bocca.
      – Poh...! – rispose Tonio, piegando il capo sulla spalla destra, e alzando la mano sinistra, con un viso che diceva: mi fai torto.
      – Ma, se tua moglie ti domanda, come ti domanderà, senza dubbio...
      – Di bugie, sono in debito io con mia moglie, e tanto tanto, che non so se arriverò mai a saldare il conto. Qualche pastocchia la troverò, da metterle il cuore in pace.
      – Domattina, – disse Renzo, – discorreremo con più comodo, per intenderci bene su tutto.
      Con questo, uscirono dall'osteria, Tonio avviandosi a casa, e studiando la fandonia che racconterebbe alle donne, e Renzo, a render conto de' concerti presi.


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I promessi sposi
di Alessandro Manzoni
pagine 798

   





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