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      ..? – ripigliava Renzo; ma l'oste, già avviato alla cucina, seguitò la sua strada. E lì, mentre prendeva il tegame delle polpette summentovate, gli s'accostò pian piano quel bravaccio che aveva squadrato il nostro giovine, e gli disse sottovoce: – Chi sono que' galantuomini?
      – Buona gente qui del paese, – rispose l'oste, scodellando le polpette nel piatto.
      – Va bene; ma come si chiamano? chi sono? – insistette colui, con voce alquanto sgarbata.
      – Uno si chiama Renzo, – rispose l'oste, pur sottovoce: – un buon giovine, assestato; filatore di seta, che sa bene il suo mestiere. L'altro è un contadino che ha nome Tonio: buon camerata, allegro: peccato che n'abbia pochi; che gli spenderebbe tutti qui. L'altro è un sempliciotto, che mangia però volentieri, quando gliene danno. Con permesso.
      E, con uno sgambetto, uscì tra il fornello e l'interrogante; e ando a portare il piatto a chi si doveva. – Come potete sapere, – riattaccò Renzo, quando lo vide ricomparire, – che siano galantuomini, se non li conoscete?
      – Le azioni, caro mio: l'uomo si conosce all'azioni. Quelli che bevono il vino senza criticarlo, che pagano il conto senza tirare, che non metton su lite con gli altri avventori, e se hanno una coltellata da consegnare a uno, lo vanno ad aspettar fuori, e lontano dall'osteria, tanto che il povero oste non ne vada di mezzo, quelli sono i galantuomini. Però, se si può conoscer la gente bene, come ci conosciamo tra noi quattro, è meglio. E che diavolo vi vien voglia di saper tante cose, quando siete sposo, e dovete aver tutt'altro in testa? e con davanti quelle polpette, che farebbero resuscitare un morto?


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I promessi sposi
di Alessandro Manzoni
pagine 798

   





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