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      .. basta, qualche giorno si saprà; e allora... Ma qui vedo un'insegna d'osteria; e, in fede mia, non ho voglia d'andar più lontano.
      – No, no! venite dov'ho detto io, che c'è poco, – disse la guida: – qui non istareste bene.
      – Eh, sì; – rispose il giovine: – non sono un signorino avvezzo a star nel cotone: qualcosa alla buona da mettere in castello, e un saccone, mi basta: quel che mi preme è di trovar presto l'uno e l'altro. Alla provvidenza! – Ed entrò in un usciaccio, sopra il quale pendeva l'insegna della luna piena. – Bene; vi condurrò qui, giacché vi piace così, – disse lo sconosciuto; e gli andò dietro.
      – Non occorre che v'incomodiate di più, – rispose Renzo. – Però, – soggiunse, – se venite a bere un bicchiere con me, mi fate piacere.
      – Accetterò le vostre grazie, – rispose colui; e andò, come più pratico del luogo, innanzi a Renzo, per un cortiletto; s'accostò all'uscio che metteva in cucina, alzò il saliscendi, aprì, e v'entrò col suo compagno. Due lumi a mano, pendenti da due pertiche attaccate alla trave del palco, vi spandevano una mezza luce. Molta gente era seduta, non però in ozio, su due panche, di qua e di là d'una tavola stretta e lunga, che teneva quasi tutta una parte della stanza: a intervalli, tovaglie e piatti; a intervalli, carte voltate e rivoltate, dadi buttati e raccolti; fiaschi e bicchieri per tutto. Si vedevano anche correre berlinghe, reali e parpagliole, che, se avessero potuto parlare, avrebbero detto probabilmente: "noi eravamo stamattina nella ciotola d'un fornaio, o nelle tasche di qualche spettatore del tumulto, che tutt'intento a vedere come andassero gli affari pubblici, si dimenticava di vigilar le sue faccendole private". Il chiasso era grande.


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I promessi sposi
di Alessandro Manzoni
pagine 798

   





Renzo Renzo