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      E, tra la sorpresa, e il non esser desto bene, e la spranghetta di quel vino che sapete, rimase un momento come incantato; e credendo di sognare, e non piacendogli quel sogno, si dimenava, come per isvegliarsi affatto.
      – Ah! avete sentito una volta, Lorenzo Tramaglino? – disse l'uomo dalla cappa nera, quel notaio medesimo della sera avanti. – Animo dunque; levatevi, e venite con noi.
      – Lorenzo Tramaglino! – disse Renzo Tramaglino: – cosa vuol dir questo? Cosa volete da me? Chi v'ha detto il mio nome?
      – Meno ciarle, e fate presto, – disse uno de' birri che gli stavano a fianco, prendendogli di nuovo il braccio.
      – Ohe! che prepotenza è questa? – gridò Renzo, ritirando il braccio. – Oste! o l'oste!
      – Lo portiam via in camicia? – disse ancora quel birro, voltandosi al notaio.
      – Avete inteso? – disse questo a Renzo: – si farà così, se non vi levate subito subito, per venir con noi.
      – E perché? – domandò Renzo.
      – Il perché lo sentirete dal signor capitano di giustizia.
      – Io? Io sono un galantuomo: non ho fatto nulla; e mi maraviglio...
      – Meglio per voi, meglio per voi; così, in due parole sarete spicciato, e potrete andarvene per i fatti vostri.
      – Mi lascino andare ora, – disse Renzo: – io non ho che far nulla con la giustizia.
      – Orsù, finiamola! – disse un birro.
      – Lo portiamo via davvero? – disse l'altro.
      – Lorenzo Tramaglino! – disse il notaio.
      – Come sa il mio nome, vossignoria?
      – Fate il vostro dovere, – disse il notaio a' birri; i quali misero subito le mani addosso a Renzo, per tirarlo fuori del letto.


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I promessi sposi
di Alessandro Manzoni
pagine 798

   





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